
Torna il consueto appuntamento mensile con i più iconici cycling influencer del web, targato Bike Like This.
Ad aprile vi abbiamo raccontato la storia di Alessandra Fior e del suo amore per il Triathlon.
Oggi passiamo al mondo della MTB, che vi racconteremo attraverso le parole di Juri Ragnoli!
Ciao Juri! Inizia parlandoci un pò di te!
Ciao! Sono un biker professionista della Scott Racing Team, ma il rapporto con la MTB per me è molto più che lavorativo. Infatti, nutro una profonda passione per questa disciplina, per la montagna e più in generale la natura. Mi piace mettermi alla prova, adoro le sfide nuove e mi impegno a trovare qualcosa di nuovo ogni giorno, in ambiti magari più disparati.
Inoltre ho un profondo pensiero logico praticamente innato, la matematica è una seconda passione e non a caso sono anche ingegnere dei materiali.
Vivo in Franciacorta, in provincia di Brescia, con mia moglie ed un figlio di un anno che mi mette alla prova molto di più di qualsiasi sfida sportiva.

Come nasce la tua passione per la bici e per la MTB?
Nasce come diretta conseguenza del mio amore per la natura, del mio spirito di esplorazione e di curiosità e la ricerca costante di mettermi alla prova. La MTB si è rivelata il mezzo perfetto per assecondare questo lato del mio carattere. Non c’ho messo a capirlo, mi è bastato salire su una MTB. Ogni uscita che facevo nei sentieri dietro casa mi riservava sempre qualcosa di nuovo, delle nuove emozioni. E poi piano piano gli orizzonti si aprivano, le gare erano un diversivo che mi attivava e che mi permetteva di darmi degli obiettivi e dei sogni da inseguire. Più le difficoltà che incontravo erano importanti, non ultime le sconfitte, e più mi ostinavo a seguire quella strada. Finché non mi resi conto che era la MIA strada!

Attraverso le tue piattaforme social sei diventato un punto di riferimento per molti appassionati. Come è nato questo meccanismo? E’ stata una scelta?
Devo essere sincero. All’inizio della cosiddetta “era dei social”, parliamo ormai di più di 10 anni fa, non volevo assolutamente condividere le mie emozioni, la mia vita, i miei risultati, le mie attività con gli altri. Poi però, col passare del tempo è emersa la consapevolezza dell’importanza di trasmettere i miei valori, ciò che ho imparato e ciò che mi ha fatto crescere. A cominciare dagli errori, e non solo come sportivo. Mi sono presto reso conto che sui social c’è molta, troppa “perfezione”. Sembra che i campioni non soffrano, non facciano sacrifici enormi. Sembra che nascono già vincenti. Ed io avevo ed ho l’obiettivo di diventare un campione, se non in senso lato, almeno per qualcuno. Allo stesso tempo volevo però trasmettere l’imperfezione di un campione e stare vicino all’amatore e al tifoso.
Questo mio approccio sembra piacere ed avere tanti veri follower, che mi seguono anche fisicamente come il mio fans club, mi gratifica e fa aumentare il mio senso di responsabilità nei confronti dell’intero movimento.

Il lato più bello e quello più brutto del tuo lavoro?
Quello più bello è facile, me lo invidiano tutti gli appassionati di bici, ed è la corrispondenza esatta, o quasi, tra il mio lavoro e la mia più grande passione. Il più brutto è che non mi permette di vivere gli aspetti non legati alla bici come vorrei. È un lavoro che dura 24 ore al giorno, perché se è vero che qualche distrazione fa bene, è altrettanto vero che se la distrazione ti sottrae molte energie fisiche e/o mentali può potenzialmente incidere negativamente sulla preparazione. Faccio un esempio: ora sono papà, e mi piacerebbe giocare con mio figlio nelle ore in cui non mi alleno, mettendoci tutto il mio impegno. Questo purtroppo non è funzionale con un’ottima preparazione. E poi ancora, amo davvero molto “mangiare”, ma il cibo che corrisponde al miglior “carburante” spesse volte non corrisponde alla mia “gola”. Direi che è questo l’aspetto più difficile del mio lavoro, non lo definirei brutto: il non poter staccare la spina dalla “vita da atleta” per molte settimane.
Il tuo set up ideale?
Non ne ho uno solo.Ne studio diversi in base alla gara e al tipo di percorso.
Ho a disposizione la mia Scott Scale che è una front per percorsi poco “scassati” e una Spark, quindi una biammortizzata, per percorsi più mossi e tecnici.
Tutti i componenti sono studiati in primis per la massima performance e su questo mi ritengo fortunato perché il team mi da pieno supporto e soprattutto scegliamo le collaborazioni tecniche insieme.
Quindi gruppo Sram e componenti Syncros, tra cui l’immancabile reggisella telescopico che per me è fondamentale ormai da 3 anni su ogni tipo di percorso. Aggiungerei le super performanti ruote Silverton SL, un vero capolavoro ingegneristico.
Le gomme le scelgo in base al terreno e mi affido a Schwalbe. Alcune volte, inserisco un inserto anti-pizzicatura di “Effetto Mariposa”.
Sospensioni Rock Shox rese super performanti grazie ad un tuning eseguito da Savoldi Cycling Suspension.
Concluderei con i freni by Braking che negli ultimi anni si è evoluta, anche grazie a me, nell’ambito bici.
Monto anche un misuratore di potenza, ma non utilizzo dati di frequenza cardiaca perché troppo influenzati da aspetti talvolta non legati alla performance e al carico interno. Piuttosto misuro il carico interno facendo particolare attenzione alle sensazioni e a cosa il mio corpo mi dice. Questo credo sia uno dei miei più grandi punti di forza. Tra l’altro sto passando sempre più da “mi diverto allenandomi” ad “mi alleno divertendomi” perché do maggior importanza al momento presente ed il divertimento è fondamentale per godersi appieno gli istanti passati in bici e indirettamente per performare al meglio.

Dove ti vedi tra 10 anni? e tra 20?
Tra 10 anni continuerò a cercare di condividere i miei valori e le mie esperienze con chi ne avrà più di bisogno, come i ragazzi, sempre nell’ambito ciclistico ovviamente. Al tempo stesso manterrei il mio impegno nel professionismo, magari gestendo un team importante. Tra 20 probabilmente mi vedo a dedicare un po’ più di tempo alla mia seconda passione: l’ingegneria dei materiali. Continuerò a seguire il mondo bici, magari nel settore del test dei materiali e dell’ottimizzazione ingegneristica degli stessi. Inoltre non abbandonare l’impegno che metto tutt’ora nel contribuire alla crescita umana ed agonistica dei bambini e delle giovani generazioni!

Consiglieresti ad un giovane atleta di lavorare sulla propria comunicazione attraverso le piattaforme social?
Assolutamente si, ma senza l’ossessione di doversi mostrare perfetti a tutti i costi. Senza la paura di essere giudicati per quello che si è realmente. La cosa più sbagliata che si puo’ fare è proprio raccontarci diversamente da come siamo.
